Nel IIQ 2021 il Prodotto Interno lordo dell’Italia è cresciuto del 2,7%, sopra la media dell’Eurozona -0,3%, su base annua l’Italia recupera crescita perfromando il 17,3% contro il 13,7%.
La Produzione Industriale è crescitua su base annua del 21% (maggio 2021) in linea con la crescita dell’attività in Eurozona 20,5%.

Sono dati che nonostante le difficoltà prodotte dalla pandemia sulla supply chain globale, evidenziano la vitalità del made in Italy. I driver che hanno guidato la riorganizzazione positiva delle imprese dinanzi alle difficoltà, scavano nelle radici culturali e valoriali a tutte le latitudini sociali.  E’ la dimostrazione che nonostante le circostanze avverse la forza per fronteggiare in modo efficace gli ostacoli per dare nuovo slancio al bisogno di intraprendere ed alla volontà di ricostruire le opportunità non solo di business è radicata nella cultura dei territori con le proprie identità al pari di un impronta digitale.

La genetica dei valori  non pone tuttavia le aziende al riparo dei cambiamenti che in modo più che evidente stanno penetrando tutti i processi sociali. L’innovazione costituisce il comune denominatore di ogni iniziativa imprenditoriale. Oggi più di ieri la solidità patrimoniale aiuta a percorrere con maggiore efficacia tutti i percorsi scientifici, tecnologici, organizzativi, finanziari e commerciali volti all’innovazione.

Il nuovo paradigma ci chiede perfezionare  i processi di produzione: migliori caratteristiche, minori componenti, maggiore eco sostenibilità.

I driver che sosteranno l’evoluzione del paradigma  corrono su più direttrici, ma fra tutte il passaggio da un’economia basata sull’energia derivata dai fossili ad una energia derivata da fonti sostenibili  fa già parte della semantica. Chi scrive teorizzava a fine degli anni 90 dopo il ventennio della transizione (RumblingWorld 2000-2020) un nuovo mega ciclo governato dall’innovazione energetica centrata sull’idrogeno.

Innovazione, solidità patrimoniale ma anche internazionalizzazione. La cultura e l’educazione alla bellezza rendono il made in Italy un brand sempre carico di colori, profumi, stile, ma anche di congegni ingegneristici, architettonici, meccanici.

L’internazionalizzazione rappresenta al di là delle opportunità la via maestra su cui continuare a progettare le crescita del nostro Paese. Il carico di debito buono e meno buono che grava sulla finanza pubblica assorbirà gran parte delle risorse economiche dello stato ma anche dei consumatori. Difficile battere gli obbiettivi della ripresa senza pensare allo sviluppo del made in Italy fuori dall’eurozona.

Nel 2020 le imprese venete hanno esportato 59,8 miliardi di euro, secondo il rapporto dell’Ufficio Statistica della Regione. Nell’anno horribilis del Covid  la prevedibile flessione ha segnato una regressione pari al -8,2%, di poco inferiore al -9,7% nazionale. In un quadro generale che vede una contrazione complessiva dell’export, la flessione delle vendite estere venete ha già riassorbito la perdita di momentum accusata lo scorso anno. Segnali incoraggianti per un ulteriore crescita dell’export arrivano dalle prime stime relative al primo trimestre del 2021 con l’esportazione delle imprese venete pari a 16 miliardi di euro e risulta in crescita di un +4,9%rispetto allo stesso trimestre del 2020, contro un +4,6% nazionale. A trainare sono le produzioni di metallo, le apparecchiature elettriche e meccaniche; con un sensibile aumento delle vendite verso Germania, Franciae Belgio.

A giugno 2021 si stima, per l’interscambio commerciale con i paesi extra Ue27, un aumento congiunturale per entrambi i flussi, più ampio per le importazioni (+1,2%) rispetto alle esportazioni (+0,1%).

La dinamica congiunturale lievemente positiva dell’export è dovuta principalmente all’aumento delle vendite di beni intermedi (+6,1%) mentre diminuiscono quelle di beni strumentali (-4,5%). Dal lato dell’import, si rilevano incrementi su base mensile per beni di consumo durevoli (+13,2%), beni strumentali (+5,3%) e beni intermedi (+1,8%), mentre sono in calo gli acquisti di energia (-2,8%) e di beni di consumo non durevoli (-1,2%).

Nel secondo trimestre 2021, rispetto al trimestre precedente, l’export aumenta del 6,3%, per effetto soprattutto delle maggiori vendite di energia (+27,4%), beni strumentali (+7,9%) e beni intermedi (+6,8%). Nello stesso periodo, l’import registra un rialzo congiunturale del 10,9%, cui contribuiscono in particolare i forti aumenti degli acquisti di energia (+25,2%) e beni intermedi (+16,2%).

A giugno 2021, l’export cresce su base annua del 23,3%. La crescita, generalizzata, è straordinariamente elevata per energia (+191,6%). L’import segna un incremento tendenziale più ampio (+31,1%), esteso a tutti i raggruppamenti, a esclusione dei beni di consumo non durevoli (-15,5%).

La stima del saldo commerciale a giugno 2021 è pari a +4.790 milioni (+4.676 a giugno 2020). Aumenta l’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici (da +6.265 milioni per giugno 2020 a +7.517 milioni per giugno 2021).

A giugno 2021 l’export è in deciso aumento su base annua verso quasi tutti i principali paesi partner extra Ue27; gli aumenti più ampi riguardano paesi MERCOSUR (+71,5%), Stati Uniti (+35,7%), Turchia (+30,2%) e paesi ASEAN (+28,0%). Diminuiscono le vendite verso il Giappone (-21,2%).

Gli acquisti da paesi OPEC (+119,6%), paesi MERCOSUR (+69,1%), Russia (+67,2%) e Turchia (+54,8%), registrano incrementi tendenziali particolarmente ampi. Solo le importazioni dalla Cina risultano in calo (-10,0%).

I maggiori cali del fatturato estero si registrano nel Vicentino (-1,7 miliardi sul 2019), Padova (-1,3 miliardi), Treviso (-995 miliardi) e Belluno (-882 miliardi) ai quali si contrappone il risultato positivo di Rovigo (+490 milioni), derivante essenzialmente dal commercio di medicinali e preparati farmaceutici. Cali più contenuti, sotto ai 500 milioni di euro, si registrano nelle province di Venezia e Verona.

Vicenza comunque è prima per capacità di export (con una quota che supera di poco il 28% dell’intero fatturato estero regionale, pari a 16,9 miliardi), poi Treviso (21% del fatturato estero regionale), Verona (19%), Padova (15,4%). I settori più penalizzati sono la meccanica strumentale (primo settore dell’export veneto, con 11,6 miliardi nel 2020) con -10,5%, (-1,4 miliardi sul 2019, e che influenza negativamente anche comparto metallurgico, che registra -8,2%.

Rilevante il calo della moda, che pur restando il secondo settore dell’export veneto perde l’11,7% sul 2019 (fatturato 2020 a 9,5 miliardi). Battuta d’arresto anche per l’occhialeria e delle apparecchiature mediche: -23%, nel 2020, mentre l’agroalimentare tiene a -1,5% sul 2019, pari a 7,1 miliardi di euro. In controtendenza il comparto chimico, con un +5,4% sul 2019 (7,7 miliardi), dovuto agli scambi di medicinali e preparati farmaceutici, cruciali nel Covid.

Nell’Unione europea le contrazioni più rilevanti (-8,7%, e perdita di 3,5 miliardi sul 2019), in Asia centro-orientale -17,4%, in Medio Oriente -14,8%, in Africa -14,9% e in America Latina -16,1%. Nell’Ue il calo più significativo è stato verso la Spagna (-21,8% sul 2019), poi Regno Unito e Francia, rispettivamente con -11,4% e -8,1%. Contenuto il calo (-1,8%) dell’export verso la Germania che rimane ancora la principale destinazione dell’export veneto.

Nei mercati extra Ue, bene la Svizzera con +20,6% che la porta ad essere il quinto mercato di riferimento delle imprese regionali. L’export verso gli Usa, primo mercato extra comunitario e terzo assoluto per valore esportato dalle imprese venete, chiude il 2020 con -1,2%; le più rilevanti in Cina (-8%) e Russia (-6,8%).

 

ESPORTAZIONI, IMPORTAZIONI E SALDI DELLA BILANCIA COMMERCIALE CON I PAESI EXTRA UE27

Innovazione, solidità patrimoniale e internazionalizzazione sono le direttrici delle PMI italiane per la ripartenza post Covid-19.

MADE IN ITALY IMPORT EXPORT EXTRA UE 27

Paesi e aree Esportazioni Importazioni Saldi
Quote % (a) Variazioni tendenziali perc. Quote % (a) Variazioni tendenziali perc. Milioni di euro
Giu. 21 Gen.-Giu.21 Giu. 21 Gen.-Giu.21 Giu. 21 Gen.-Giu.21
Giu. 20 Gen.-Giu.20 Giu. 20 Gen.-Giu.20
Paesi europei non Ue 16,4 17,4 17,5 11,0 42,4 22,2 2.557 13.024
Regno Unito (b) 5,2 17,3 11,1 2,3 10,0 -1,2 1.360 7.399
Russia 1,6 15,1 13,3 2,5 67,2 28,3 -517 -3.072
Svizzera 5,8 12,0 17,8 2,6 24,1 16,9 1.690 7.831
Turchia 1,8 30,2 29,3 2,0 54,8 38,8 -114 -239
Africa settentrionale 2,3 45,1 37,7 2,6 122,9 73,1 -389 -1.664
Altri paesi africani 1,2 14,4 28,9 1,4 104,9 24,6 -81 -293
America settentrionale 10,8 34,3 15,1 4,5 10,5 2,1 3.104 16.406
Stati Uniti 9,8 35,7 15,1 4,0 11,9 2,8 2.826 15.012
America centro-meridionale 2,7 50,2 41,2 2,3 44,0 17,5 283 1.903
Medio Oriente 3,5 18,1 14,2 4,1 57,3 35,1 -331 -427
Altri paesi asiatici 10,0 11,5 28,6 15,5 5,3 14,4 -1.106 -8.172
Cina 3,0 21,9 48,3 8,7 -10,0 11,1 -1.543 -9.789
Giappone 1,6 -21,2 7,1 1,0 62,6 26,2 210 1.391
India 0,7 43,8 36,6 1,1 28,6 26,3 -109 -920
Oceania e altri territori 2,0 41,4 45,7 0,5 85,2 56,4 753 4.384
OPEC 3,1 11,5 11,5 4,5 119,6 47,9 -1.039 -3.363
MERCOSUR 1,1 71,5 46,7 1,1 69,1 31,2 -95 78
ASEAN 1,7 28,0 26,9 2,3 19,6 20,2 -70 -1.000
Totale 48,9 23,3 22,5 41,8 31,1 21,2 4.790 25.161
(a) Il valore delle quote è calcolato sul totale dei flussi di scambio con il resto del mondo per l’anno 2020.
(b) Il dato preliminare del Regno Unito non comprende l’Irlanda del Nord (si veda Nota metodologica, allegata al Comunicato stampa).
Fonte: Istat, indagine su importazioni ed esportazioni di beni con i paesi extra Ue (Sdi).